Uaset, trasformatasi Tebe, divenuta Luxor
Luxor è un termine relativamente recente che deriva dalla parola araba “palazzi”. Il nome autentico della città, al tempo degli antichi egizi, era Uaset. Il più familiare sostantivo Tebe, invece, le fu attribuito dai greci. Omero parla nell’Iliade della “città dalle cento porte“.
Quanti giorni occorrono per vedere Luxor?
Purtroppo non tutti disponiamo di tempo illimitato per viaggiare. Indicativamente una giornata è sufficiente per vedere Luxor, ma se si riuscisse ad aggiungerne una seconda, si potrebbero esplorare i dintorni e/o concedersi delle visite extra. Occorre anche tenere a mente che tra mezzogiorno e le tre del pomeriggio, le temperature raggiungono i 40-50 °C. Riuscire a gironzolare ininterrottamente potrebbe non essere cosa scontata.
Come se non bastasse, la città è spaccata in due dal Nilo: una sponda Ovest e una sponda Est (dov’è preferibile pernottare per non allontanarsi troppo dal centro abitato). Di conseguenza, gli spostamenti non sono immediati. In genere si tende a organizzare la mattina nella parte Occidentale (i cui siti chiudono abbastanza presto) e il pomeriggio in quella Orientale.
Miglior modo per girare Luxor
Considerate le notevoli distanze, è impensabile muoversi a piedi da un punto a un altro di Luxor. Esistono tantissimi tour guidati che permettono di ottimizzare i tempi e di spostarsi senza stress. Si può anche optare per prenotare online un driver, ovvero un autista privato ben recensito.
Sconsiglio categoricamente l’utilizzo del taxi se non si è ancora mai fatta esperienza nel trattare i prezzi in Egitto. La probabilità di venire ingannati è così alta, che non vale nemmeno la pena provare. Si conserverebbe solo un brutto ricordo.
Luxor "fai da te"
Adesso tenetevi forte perché il costo di un tour privato di Luxor può veramente essere alla portata di tutti. Basti solo preoccuparsi di trovare un tetto sopra la testa per dormire. Per tutto il resto c’è questo articolo.
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1 GIORNO
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OVEST TOUR
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2 GIORNI
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MONGOLFIERA
Tempio funerario di Hatshepsut
Perché includerlo nel tour? Il tempio funerario di Hatshepsut è noto anche con il nome di Djeser-Djeseru, ovvero “Santo fra i Santi”. La vera particolarità è che a differenza della quasi totalità dei faraoni, Hatshepsut era una donna.
Hatshepsut (1513-1458 a.C.) non fu l’unica faraona d’Egitto, per quanto alle guide piaccia affermare il contrario. Prima di lei regnarono con certezza Nefrusobek della XII dinastia e molte altre donne. Basti pensare che per gli antichi egizi era del tutto normale che gli eredi infanti venissero sostituiti dalle madri fino al raggiungimento della maturità. Fatta questa premessa, Hatshepsut fu indubbiamente una delle migliori sovrane mai esistite.
Thutmose I provò a far riconoscere sua figlia maggiore come legittima e degna erede ma, al decesso, il potere passò nelle mani del figliastro Thutmose II. Hatshepsut fu costretta a diventare “Grande Sposa Reale” del fratellastro, il che costituì un duro colpo all’orgoglio viste le condizioni di superiorità dinastica di lei.
Thutmose II si dimostrò un sovrano debole e di salute cagionevole. Giunta la sua prematura morte, dopo pochissimi anni, onde evitare una crisi di successione, attorno alla forte personalità di Hatshepsut si radunarono una cerchia di sostenitori abili e potenti. La regina prese la reggenza del figliastro Thutmose III – che all’epoca aveva 2 anni – posticipando indefinitamente il matrimonio tra il piccolo e la propria unica figlia Neferura (la sola che avrebbe potuto legittimarlo).
“La più importante tra le nobili” inizialmente regnò come donna, ma attorno al settimo anno del suo regno scelse di essere raffigurata nelle statue e nei rilievi come un faraone uomo. Il particolare dualismo maschio-femmina e le sue origini divine, le conferirono la nomina definitiva di quarto sovrano della XVIII dinastia per 22 anni consecutivi.
Dopo la morte, causata presumibilmente da un tumore, il nome di Hatshepsut fu cancellato dai monumenti e il volto di quasi tutte le sue statue venne distrutto. Ciò suggerisce che Thutmose III, ottenuto l’agognato titolo di faraone, ordinò la rimozione di ogni traccia dell’odiata matrigna. Gli scribi smisero di menzionarla e i templi e monumenti da lei commissionati furono considerati opere di faraoni successivi.
Gli sforzi per cancellare Hatshepsut dalla memoria furono tuttavia vani, poiché nell’Ottocento il numero di incongruenze fu tale da costringere gli storici a rivalutare l’attribuzione di innumerevoli opere. In realtà la regina fu così tanto prolifera nel campo edilizio, che fu impossibile mettere in ombra tutti gli indizi della sua esistenza. È noto che ogni museo egizio del mondo possieda almeno un reperto di Hatshepsut.
Il più impressionante lascito è il tempio funerario custodito nella sponda Occidentale di Luxor. L’imponente edificio è disposto su tre ampie terrazze sovrapposte, collegate tra loro da una rampa di scale centrale. Il piano superiore si confonde nel roccioso anfiteatro calcareo che lo accoglie.
Quando fu scoperto, a metà del XIX secolo, il tempio era in rovina. Il suo aspetto attuale è in gran parte dovuto all’assiduo lavoro di restauro condotto da una squadra di archeologi egiziani e polacchi. Il taglio moderno della costruzione è alquanto controverso. A me – onestamente – non ha fatto impazzire. Detto questo, si sta cercando di combinare i resti rinvenuti con le componenti nuove, seguendo fedelmente gli antichi scritti riguardanti la progettazione.
Un triste episodio nella storia recente è legato al tempio di Hatshepsut. Il 17 Novembre 1997 avvenne il massacro di 62 persone, soprattutto turisti svizzeri e giapponesi, per mano di estremisti islamici.
- Sito ufficiale
- Orario: 6.00 - 18.00
- 160 EGP | Studente 80 EGP
Valle dei Re
Una delle attrazioni più famose di tutto il mondo. Attualmente sono state scoperte 65 tombe, non tutte appartenenti a faraoni e talvolta sfruttate come depositi temporanei.
Si ritiene che questa zona sia stata scelta come luogo di sepoltura per molteplici fattori. Innanzitutto per evitare la profanazione delle tombe, già verificatasi nelle piramidi. La valle possedeva infatti un unico accesso, facile da sorvegliare.
In secondo luogo, la pietra calcarea del wadi era estremamente malleabile. Il che consentiva di limitare gli sforzi per gli scavi e di ottenere pareti lisce su cui realizzare incisioni e pitture. Non è da ritenere di scarsa importanza anche la vicinanza al fiume Nilo, che quasi sicuramente agevolava il trasporto delle molteplici e pesantissime suppellettili funerarie.
Ai fattori di ordine pratico, se ne sommarono altri di carattere religioso. Infatti la valle era sovrastata da una montagna sacra (il regno della dea Meret-Seger, “Colei che ama il silenzio”) la cui cima richiamava fortemente la forma di una piramide. Come se non bastasse, la dea Hathor, connessa all’idea di rinascita dei faraoni defunti, era la protettrice dell’area montuosa tebana.
Il primo faraone che scelse di essere qui sepolto fu Thutmose I (XVIII dinastia), l’ultimo fu Ramses IX (nonostante la XX dinastia proseguì fino a Ramses XI). In sostanza, prima ancora che si concludesse il periodo del Nuovo Regno, la maggior parte delle tombe era già stata depredata. Alcune delle intrusioni avvennero, quasi certamente, per opera o comunque con la complicità, degli stessi guardiani.
Dopo aver denunciato una violazione, i sacerdoti si preoccupavano di mettere a posto e di richiudere la tomba apponendo nuovamente il sigillo della necropoli. Grazie a questo stratagemma oggi sappiamo, ad esempio, che la tomba di Tutankhamon, l’unica trovata pressoché intatta, fu in realtà violata almeno due volte.
Le tombe erano progettate in modo da produrre dei portali d’accesso nell’Aldilà. Ciascuna si apriva in un lunghissimo corridoio inclinato verso la Sala dell’Attesa, cui seguivano la prima colonnata Sala del Carro e la seconda colonnata camera funeraria, ospitante il sarcofago. Quest’ultima veniva detta anche Sala dell’Oro.
I geroglifici e i coloratissimi disegni fungevano da linee guida per il defunto e venivano tratti da libri sacri, quali: l’Amduat, Litanie di Ra, il libro delle porte e il libro dei morti.
Il biglietto per la Valle dei Re consente l’ingresso a tre delle seguenti tombe. Attenzione: l’elenco è soggetto a variazione in virtù del programma di restauro in corso.
A detta della nostra guida, le tombe più amate dagli italiani sono: KV2 Ramses IV (confermo), KV6 Ramses IX (insomma) e KV16 Ramses I. L’affermazione potrebbe essere campata in aria come no. Ammetto che per queste particolari tombe abbiamo fatto delle code sotto il sole non indifferenti.
Chi fosse intenzionato a vedere più di tre camere funerarie, è libero di acquistare un secondo biglietto oppure di pagare l’entrata supplementare nelle tombe KV9 Ramses VI (offre poco più di quella di Ramses IV), KV62 Tutankhamon o KV17 Seti I.
L’ultima richiede una spesa importante per pochi minuti di perlustrazione (circa € 30 col cambio attuale). Il perché è presto detto: si tratta della tomba meglio conservata della Valle dei Re e tale si desidera mantenere.
E la tomba del più longevo faraone d’Egitto? Purtroppo KV7 di Ramses II fu soggetta a ripetute alluvioni che causarono il distacco di gran parte delle decorazioni parietali. Il ciclo completo di immagini sembrerebbe comunque ispirarsi a quello della tomba del padre KV17 Seti I. Da un punto di vista architettonico, la più grande tomba della Valle dei Re, conta quasi 900 metri quadrati e il locale più profondo si trova a ben 58 metri di profondità. Del corredo funebre del celebre faraone novantenne sono pervenute giusto tre statuette.
- Sito ufficiale
- Orario: 6.00 - 18.00
- 260 EGP | Studente 130 EGP
- RAMSES VI (KV9) 120 EGP
- SETI I (KV17) 1000 EGP
- TUTANKHAMON (KV62) 360 EGP
Colossi di Memnone
I due colossi, alti 18 metri, sono quanto rimane del più grande tempio d’Egitto. Riproducono Amenofi III (ovvero il nonno di Tutankhamon) e le figure scolpite ai suoi piedi sono la moglie Teye e la madre Mutemuia.
Tratti entrambi da blocchi monolitici, divennero famosi nell’antichità per il particolare suono che quello localizzato più a nord emetteva durante l’alba. Ai Greci piaceva credere che le statue rappresentassero la reincarnazione di Memnone, che ogni mattina si svegliava e salutava la madre Eos (Dea dell’Aurora).
Gli archeologi odierni ritengono che il rumore potesse essere generato dal passaggio dell’aria in una fenditura provocata da un terremoto o dalla sua dilatazione per effetto del calore dei primi raggi del sole. Il suono non fu più udibile dopo il 199 d.C. a seguito di un restauro imposto dall’imperatore romano Settimio Severo.
Alabastro
In Egitto non può ritenersi completo un tour senza la visita a un qualsiasi negozio. Una pratica da noi in voga, forse, negli anni 2000 e lì mai tramontata. La cosa triste è che spesso questo genere di tappe, non particolarmente gradite dalla nuova generazione di viaggiatori, sottrae tempo prezioso all’esplorazione. C’è di buono che almeno i “teatrini” dei venditori siano simpatici, disponibili in lingua italiana (preparatevi a una serie infinita di “Italia 1” e di altri riferimenti obsoleti) e la pressione sugli acquisti sia limitata grazie alla presenza della guida.
Chiusa l’obbligata parentesi della “trappola spilla soldi”, l’alabastro è un materiale che fu ampiamente utilizzato dagli antichi egizi per la realizzazione di sarcofagi e oggetti di pregio. La sua autenticità è riconoscibile dal peso estremamente ridotto e da quello che mi piace definire la “magia della luce”. Se si pone una fonte luminosa in prossimità dell’alabastro, esso viene attraversato dai raggi apparendo a tratti trasparente. È uno spettacolo molto scenografico, soprattutto se mostrato al buio dentro la stanza più profonda di una piramide.
Karnak
“La più perfetta delle sedi” (Ipet-Sut) malgrado oggi sia in rovina, rimane spettacolare. Forse il più grande complesso monumentale mai costruito.
Spostiamoci adesso nella sponda Orientale. Durante il Nuovo Regno (1550 – 1069 a.C.) Luxor fu capitale d’Egitto e Karnak il suo cuore. Non si trattava, infatti, solo di un rinomato luogo di culto, ma anche della residenza dei faraoni. Un vero e proprio centro amministrativo e fulcro dell’economia. Per detenere appieno il potere, era indispensabile per il faraone ricevere l’approvazione e l’appoggio dei sacerdoti di Karnak. Nessuno poteva sottrarsi nell’apportare migliorie al complesso.
Il vasto territorio di Karnak comprende tre sacre cinta murarie. Al centro, quella più estesa, è dominata dal Grande Tempio di Amon, il luogo di culto principale della triabe tebana (Amon-Ra, Mut e Khonsu). Le persone spesso utilizzano erroneamente il nome “Karnak” per riferirsi esclusivamente a questo tempio. A sud si estende il Recinto di Mut, la consorte di Amon. A nord si sviluppa, l’ormai decadente, Recinto di Montu (dio-falco).
Per accedere al Grande Tempio di Amon si percorre un tratto del Viale delle Sfingi con le teste d’ariete. Lungo i suoi 2,7 km, il giorno della celebrazione di Opet, il corteo religioso era solito trasportare sulle spalle la Barca Sacra di Amon fino al Tempio di Luxor. Tale imbarcazione era il modello in scala di quella su cui gli Dei navigavano in cielo.
Varcato il primo ingresso monumentale, si mette piede nel Grande Cortile – da notare il continuo abuso dell’aggettivo “grande” a Karnak – il punto ultimo cui potevano giungere i fedeli. All’estremità opposta, 2 colossi di Ramses II segnano l’accesso a uno dei posti più iconici d’Egitto.
La Grande Sala Ipostila fu iniziata da Seti I e completata dal figlio Ramses II. L’ambiente viene comunemente paragonato a una foresta granitica, costituita da 134 colonne perfettamente allineate e riccamente decorate. Le dodici centrali sono alte 21 metri, anziché 15 metri come le altre, perché consentivano alla luce di farsi strada attraverso le finestre a claustra del tetto.
Appena fuori dalla Grande Sala Ipostila, si sarebbero dovuti ammirare quattro obelischi eretti da Thutmose I e Thutmose II. Solo uno è rimasto in piedi. Poco più avanti, è visibile anche il rimanente obelisco di Hatshepsut (il secondo giace nei pressi del Lago Sacro). Coi suoi quasi 30 metri di altezza si aggiudica il primato del Paese, battuto a livello mondiale unicamente dall’obelisco Lateranense (che in origine ovviamente era situato a Karnak).
Da questo punto in poi il tempio presenta uno stato di conservazione meno buono e diventa sempre più difficile identificare le varie rovine. Potrebbe però essere divertente seguire la tradizione di girare tre volte attorno alla statua dello scarabeo ed esprimere un desiderio.
- Orario: 6.00 - 18.00
- 220 EGP | Studente 110 EGP
- Sound & Light Show 300 EGP
Tempio di Luxor
Il sito archeologico che per millenni fu sepolto dalla sabbia, è risorto al centro della città moderna. Per coglierne al meglio l’atmosfera, è consigliabile una visita serale.
Lo scrittore francese Gustave Flaubert, che visitò l’Egitto nel 1850, descrisse “abitazioni costruite tra i capitelli delle colonne e galline e piccioni che nidificano nelle grandi foglie di pietra”. I lavori di scavo, che tuttora proseguono, richiesero la rimozione di tonnellate di sabbia e del villaggio sovrastante.
La proposta di abbattimento della moschea di Abu el-Haggag venne respinta a gran voce dagli abitanti di Luxor. Così il luogo di culto egiziano, convertito in cristiano, ritrasformato in islamico, è in funzione incessantemente da 3500 anni.
La costruzione del Tempio di Luxor fu avviata da Amenofi III, lo stesso realizzatore dei colossi di Memnone e dell’edificio leggendario scomparso. Il nipote Tutankhamon aggiunse statue e colonne ma l’espansione maggiore fu compiuta, un secolo dopo l’inizio dei lavori, da Ramses II.
Davanti al Viale delle Sfingi, quest’ultimo faraone si fece raffigurare nell’atto di abbattere i nemici ittiti durante la Battaglia di Qadesh. Impossibile ignorare i suoi 6 colossi: due seduti (originali) e quattro in piedi (di cui solo uno è autentico).
Dei 2 obelischi antistanti il portale uno è ancora visibile, l’altro si trova a Parigi in Place de la Concorde. Fu donato alla Francia nel 1830 dal pascià Mehmet Ali.
Varcato l’ingresso si viene accolti dal Cortile di Ramses II, circondato da una doppia fila di colonne. Sul lato destro, il piccolo Santuario cela ancora le tre cappelle dedicate ad Amon, Mut e Khonsu.
Proseguendo, si attraversa un lungo corridoio fiancheggiato da 14 colonne alte quasi 20 metri. I bassorilievi sulle pareti furono voluti da Tutankhamon e raffigurano scene della festa di Opet. Il culmine del tempio si raggiunge subito dopo, nel Cortile Solare di Amenofi III, dove si celebrava annualmente il rito della Barca Sacra proveniente dal Grande Tempio di Amon (Karnak). Nella parte meridionale, quattro file di 8 colonne contraddistinguono la Sala Ipostila.
Nel IV secolo d.C. il vestibolo del tempio fu sigillato e utilizzato dai legionari romani come cappella di culto imperiale. I cristiani dell’epoca non avevano molta scelta: obbedienza o martirio. Effigie quasi illeggibili sono ravvisabili nella parte superiore del muro.
Ancora prima, in età tolemaica, il nascosto Santuario della Barca Sacra cambiò definitivamente aspetto con l’inserimento di curiose raffigurazioni di Alessandro Magno al cospetto delle divinità egizie. Si suppone che una copia della sua Barca Sacra (da intendersi funebre) venisse qui custodita.
L’ambiente più remoto, il Sancta Sanctorum, era la destinazione finale della festa di Opet, dove la figura di Amon vi si rigenerava. Ad oggi non è rimasto nulla.
- Sito ufficiale
- Orario: 6.00 - 20.00
- 180 EGP | Studente 90 EGP
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